#ChicchetradizioniecuriositàdallaTurchia 🇹🇷
#bozkir2
Come sapete abbiamo pubblicato le prime due puntate di Bozki 2 disponibile nel canale Telegram dedicato del nostro gruppo.
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Chi le ha già viste, si sarà accorto che alcuni dei personaggi come Sevda e suo fratello sono Aleviti e anche il quartiere in cui vive Payidar è popolato da Aleviti (In turco Alevi).
Abbiamo pensato che, anche per capire meglio alcune dinamiche e alcuni riferimenti che vengono fatti nella serie, potesse essere interessante capire chi sono gli Aleviti. E allora eccomi qui per provare a darvi alcune informazioni.
Come sempre premetto che non sono un’esperta, ma ho fatto un po’ di ricerche.
L'Alevismo (in turco Alevilik) è una corrente dell'islam di derivazione sciita duodecimana originaria dell'Anatolia sorta a partire dal XIII secolo dagli insegnamenti di Hajji Bektash Veli. A partire dal XX secolo in Turchia gli aleviti si sono rivelati tra i principali sostenitori del secolarismo (una serie di trasformazioni sociali, che portano un Paese ad adottare una cultura più laica, tale che lo Stato abbia scarsa o nessuna ingerenza nella sfera religiosa e viceversa, garantendo la libertà da leggi e insegnamenti religiosi) secondo il modello kemalista e della sinistra politica, il che ha spesso generato tensioni con i locali militanti islamisti sunniti e nazionalisti turchi di estrema destra.
La tradizione alevita, dall’origine controversa e dibattuta, affonda le proprie radici probabilmente nel XIII secolo. Gli aleviti derivano da quel gruppo appartenente alla shi’a che decise di seguire Alì -il cugino e genero di Mohammed- creando una corrente all’interno dell’islam (gli sciiti) che non è mai riuscita a liberarsi dell’etichetta di “deviante”. LA tradizione alevita deriva dal filone sciita dei Duodecimani (o imamiti), che interrompono la catena degli Imam (guida spirituale) al dodicesimo discendente di Ali in contrapposizione con quello Settimano (o ismā’īlita) che invece interrompe la catena degli imam al settimo.
Nel caso della minoranza turca degli aleviti, i rituali e alcuni precetti si discostano alquanto da quelli che un musulmano sunnita considera obbligatori per ogni fedele.
Il rito alevita non prevede le cinque preghiere quotidiane, il mese del digiuno (il Ramadan) e neppure il pellegrinaggio alla Mecca; essi credono nell'uguaglianza tra uomini e donna, che condividono lo stesso spazio durante la preghiera che non viene svolta in moschea, ma in luoghi privati, le Cemevi, dove la comunità alevita si ritrova, appunto, per le preghiere.
I precetti coranici assumono un valore e una priorità diversi nella prospettiva alevita e alcuni principi “illuminati” sono alla base della professione di fede: oltre all’uguaglianza tra uomo e donna, anche l’amore e il rispetto per tutti, la tolleranza verso le altre religioni ed etnie, il rispetto per i lavoratori.
Le donne Alevite sono libere di vestirsi con abiti moderni, incoraggiate a studiare al meglio delle loro possibilità e libere di praticare la professione che preferiscono.
In ogni caso, se le donne alevite non subiscono la separazione dei sessi, sono comunque assoggettate in pubblico e in privato ai tradizionali valori maschili riguardo alla sessualità femminile e costrette ad una regola basata su onore e vergogna. A differenza delle donne Sunnite in Turchia, le Alevite non sono obbligate a portare il velo.
La teologia Alevita spesso scivola nella pratica di comportamenti considerati, da alcuni critici, come riti superstiziosi e che si muovono spesso fuori dai margini dell'ortodossia, come ad esempio accendere candele o piazzare pietre di richiesta sulla tomba, legare pezzi di vestiti al mausoleo o agli alberi davanti ad esso, lanciare monete sulla tomba, girare sette volte attorno agli alberi nel cortile sperando in una cura soprannaturale, legare rosari al mausoleo aspettandosi un aiuto soprannaturale, oppure baciare il telaio delle porte di stanze sacre, non camminare sulla soglia di costruzioni sacre, chiedere le preghiere di famosi guaritori e fare dei 'Lokma' (dolci fatti di pasta fritta e imbevuti di sciroppo di zucchero) e condividerli con altri.
Il Dede, la loro guida spirituale, conduce la cerimonia, chiamata Cem caratterizzata da un’importante presenza di musiche e danze (Semah) che si deve alle forti influenze del misticismo sufi ( che è appunto la dimensione mistica dell’Islam). Le danze rituali caratterizzate dal girare in tondo, sono una parte fondamentale in ogni Cem. Il Semah è eseguito da uomini e donne insieme. Le danze simboleggiano la rivoluzione dei pianeti attorno al Sole (uomini e donne che danzano in circolo), e l'abbandono della propria individualità e l'unione con Dio. Coloro che praticano queste danze sono detti Abdal (dervisci) e in Bozkir 2 Payidar, in una conversazione con Sevda, chiede informazioni proprio sui dervisci di quel quartiere che animano varie cerimonie con le loro danze.
Quando ho guardato la puntata e ho sentito parlare di dervisci la mia immaginazione è corsa immediatamente a quelli più conosciuti che sono, senza ombra di dubbio, quelli rotanti dell’ordine dei Mevlevi, che praticano una danza mistica che è stata dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità. Tuttavia, seppure il significato della danza sia simile, le modalità e i costumi utilizzati sono molto diversi da quelli degli Abdal.
Nel corso dei secoli gli Aleviti sono stati sempre una minoranza perseguitata.
Durante l’impero ottomano, secondo la costituzione, l’unica religione di stato era l’islam (inteso come sunnita) e gli aleviti, di conseguenza, erano considerati eretici; la situazione non migliorò con le Tanzimat né con l’avvento dei Giovani Turchi che, per affermare l’identità turca, praticarono azioni di assimilazione forzata o espulsione nei confronti di coloro che differivano per etnia, religione, o lingua.
Uno spiraglio di luce le comunità alevite lo videro con l’arrivo di Mustafa Kemal Atatürk . Una delle sei “frecce” a fondamento della nuova Repubblica turca era infatti il secolarismo, e con esso la promessa di un’uguaglianza formale e sostanziale a tutti i livelli della società e della politica. Le belle speranze riposte in Atatürk furono tradite rapidamente anche da pesanti dichiarazioni dello stesso, che nel ’35 li definì “un ascesso che va distrutto”. Nonostante questo, gli aleviti mantengono ancora oggi un’incrollabile fiducia nel kemalismo. Dopo soli tre anni dalle minacciose parole del Presidente, avvenne l’episodio più doloroso nella memoria alevita.
Nel 1938 a Dersim (oggi Tunceli) le autorità reagirono a un’insurrezione curda con una sproporzionata e violenta repressione, finita col sangue di oltre 13mila vittime. Nonostante le sue dimensioni lo inscrivano tra i peggiori traumi vissuti da questa comunità, l’episodio appena riferito è solo uno di un’inquietante serie di massacri. Dagli anni ’60 in poi la Turchia visse gli eventi di Çorum, Malatya, Maras, Gazi, fino a giungere alla strage di Sivas. Il 2 luglio 1993 a Sivas, mentre la locale comunità alevita stavano celebrando la festa del Pir Sultan Abdal, uscendo dalla moschea dopo la loro preghiera del venerdì, una folla di circa 20.000 sunniti circondò l'hotel Madimak, intonando slogan anti-aleviti e pro-Shari'a. Diedero fuoco all'hotel e lo bersagliarono con pietre. Mentre il fuoco uccideva 33 Aleviti, la polizia, i militari e i vigili del fuoco non fecero nulla per spegnere l'incendio o salvare gli assediati. Le immagini del massacro vennero filmate e trasmesse in tutto il mondo.
Nel 1995 ci fu anche una sparatoria da un'auto, nel quartiere Gazi di Istanbul, che causò la morte di alcuni aleviti. Durante le conseguenti manifestazioni di protesta, la polizia aprì più volte il fuoco contro i dimostranti. Quando le proteste terminarono si contarono un totale di 15 aleviti uccisi.
Questi episodi spiegano in parte l’odio e il rancore che il fratello di Sevda prova nei confronti dei poliziotti in generale e, quindi, anche di Payidar.
Come al solito sono stata prolissa , anzi questa volta molto di più e mi dispiace, ma spiegare tante cose con meno parole sarebbe stato riduttivo.
Ringrazio Francesca Aroma per la preziosa consulenza.